Ogni anno il 21 settembre si celebra la Giornata mondiale dell’Alzheimer. Dal 1994 questa giornata vuole puntare il focus dell’opinione pubblica sulla situazione delle persone affette da demenza. Secondo delle stime, la Provincia di Bolzano attualmente conta 13.000 persone con demenza. La demenza rappresenta una grande sfida per i familiari dei pazienti ma anche per la nostra società nel suo insieme. La Dott.ssa Barbara Plagg, ricercatrice presso l’Istituto di Medicina Generale e Public Health di Bolzano, evidenzia: “Sebbene non esista una strategia che possa impedirci di sviluppare la demenza, esistono alcune possibilità di prevenzione per mantenere il nostro cervello in forma il più a lungo possibile.”
Differenza tra Alzheimer e demenza
Spesso i termini ‘Alzheimer’ e ‘demenza’ vengono usati come sinonimi. La Dott.ssa Barbara Plagg, ricercatrice di Biologia Umana presso l’Istituto di Medicina Generale e Public Health di Bolzano, spiega: “Il termine ‘demenza’ è generico e comprende molte malattie diverse, tra queste il morbo di Alzheimer”.
Demenza, come riconoscere i sintomi iniziali
Come illustra la Dott.ssa Barbara Plagg, nessuno può riconoscere i sintomi della demenza senza un ausilio esterno. “Le difficoltà di memoria si verificano in molte malattie diverse. Esistono anche disturbi della memoria che non hanno alcun significato medico, ad esempio se si è stressati o sovraffaticati”, spiega la Dott.ssa Plagg. Il proprio Medico di Medicina Generale è la prima persona di riferimento in caso di sospetto di una demenza. “I Medici di Famiglia possono anche indirizzare i loro pazienti a specialisti o ad ambulatori specifici (p. es. cliniche della memoria)”, sottolinea Plagg.
Come curare la demenza
I cosiddetti farmaci antidemenza possono ritardare la progressione della malattia, ma non sono in grado di fermare in modo permanente i processi di degradazione delle cellule nervose. “I farmaci antidemenza non creano dipendenza ma sfortunatamente non funzionano allo stesso modo per tutti i pazienti. A volte è difficile stimarne l’effetto perché nonostante tutto la condizione peggiora ma senza farmaci peggiorerebbe ancora più velocemente”, evidenzia la Dr. Barbara Plagg. Attualmente è entrato in commercio un nuovo farmaco e un altro è in fase finale di studio e valutazione:
• Lecanemab, nome commerciale: Leqembi (azienda farmaceutica: Eisai e Biogen)
• Donanemab (azienda farmaceutica: Eli Lilly)
“Gli ultimi risultati dello studio della fase 3 sul principio attivo Donanemab sono stati pubblicati nel luglio 2023. La novità di questi farmaci è rappresentata dal fatto che influenzano i meccanismi fondamentali della malattia: entrambi colpiscono i ‘depositi di Alzheimer’ nel cervello (le cosiddette placche di beta-amiloide) e non stimolano ‘solo’ le prestazioni cerebrali, come fanno invece i farmaci antidemenza finora disponibili. Purtroppo anche questi due farmaci non riescono a rallentare in modo permanente la progressione della malattia ma rappresentano comunque grandi progressi nella ricerca”, ribadisce la Dott.ssa Barbara Plagg.
Demenza e genetica
Solo pochissime demenze sono forme ereditarie autenticamente “genetiche”. La maggior parte delle forme sono “co-modulate” da fattori ambientali, illustra la Dott.ssa Plagg: “Molti di noi sono portatori dei cosiddetti ‘geni di suscettibilità’: questi geni aumentano la probabilità ereditaria di contrarre la malattia. Ciò significa che il rischio di malattia è leggermente aumentato per i portatori ma ciò non comporta necessariamente l’insorgere della malattia”, afferma la Dott.ssa Plagg. “I fattori ambientali protettivi – come uno stile di vita sano – influenzano i geni. L’età, un basso livello di istruzione, poca attività fisica, stress cronico o diabete (non trattato), depressione, lesioni cerebrali traumatiche, dieta malsana e isolamento sono fattori di rischio della demenza”, sottolinea Plagg.
Ciò che fa bene al cuore fa bene al cervello!
Sebbene non via sia una strategia che possa impedire di sviluppare la demenza, esistono modi preventivi per mantenere il cervello in forma il più a lungo possibile, come spiega la Dott.ssa Barbara Plagg, la quale – oltre alla sua attività di ricercatrice presso l’Istituto di Medicina Generale e Public Health di Bolzano – insegna Medicina Preventiva alla Libera Università di Bolzano. “Siccome molte demenze sono ‘forme miste’ in cui giocano un ruolo anche i danni ai vasi sanguigni, il consiglio pratico che posso formulare è il seguente: tutto ciò che fa bene al nostro cuore fa bene anche al nostro cervello!”, afferma la Dott.ssa Plagg, che offre ulteriori consigli per la prevenzione della demenza:
· Praticare regolarmente attività fisica: Non deve trattarsi per forza di una maratona. L’esercizio fisico moderato fa bene al nostro cervello.
· Non fumare è intelligente: Il fumo danneggia i vasi sanguigni ed è noto per essere un fattore di rischio per molte malattie, inclusa la demenza.
· Mangiare sano: La dieta mediterranea – composta da molta frutta, verdura, pesce, olio d’oliva, prodotti integrali e noci – è considerata un buon cibo per la mente e può prevenire la demenza.
· Prendersi cura di sé: L’ipertensione, il diabete e il colesterolo alto dovrebbero assolutamente essere fermati. Anche la depressione (non trattata) è considerata un fattore di rischio per la demenza.
· Potenziare e stimolare il cervello: In neurobiologia vale il detto “usalo o perdilo”. Tutto ciò che fa bene al nostro cervello (mantenere contatti sociali, leggere libri, suonare uno strumento, discutere vivacemente ecc.) aiuta a costruire una “riserva cognitiva”.
· L’unione fa la forza: L’isolamento e la reclusione non fanno bene alla nostra testa, l’interazione sociale, giocare a briscola con gli amici e una passeggiata con i nipotini invece sì.
Il “mondo” delle persone con demenza
La demenza rappresenta una sfida importante per l’intero sistema familiare: “Una persona che conosci da sempre a causa della demenza si trasforma quasi in un’altra persona, in una persona che non riconosci più. Prendersi cura di qualcuno affetto da demenza è spesso straziante. Finché c’è sostegno, è possibile superare insieme questa fase finale
della vita con tutti i suoi abissi e le sue tristezze, trovando comunque sempre momenti di leggerezza e speranza”, afferma la Dott.ssa Barbara Plagg. Ma secondo Plagg è impossibile gestire tutto questo da soli: “Può essere incredibilmente travolgente quando una persona cambia così tanto e quando tutte le nostre linee guida ‘sociali’ non possono più essere applicate a quella persona, ad esempio quando l’insegnante conosciuta per il suo abbigliamento elegante si trova all’incrocio indossando un pigiama oppure quando l’ex professore dice di voler ‘tornare a casa’ anche se si trova già a casa sua”, spiega la Dott.ssa Plagg. Ciò che secondo Plagg non funziona è convincere oggettivamente le persone affette da demenza che hanno torto e spiegare loro il nostro mondo. “L’unica cosa che può aiutare ad alleviare una situazione e facilitare un’interazione rispettosa è addentrarsi nel ‘mondo’ della persona con demenza. La Dott.ssa Plagg menziona due esempi di linguaggio appropriato e non appropriato nella comunicazione con persone affette da demenza:
→ Se, ad esempio, una persona affetta da demenza vuole andare a prendere i propri figli all’asilo…
· linguaggio appropriato: “Sei una brava mamma, i tuoi figli sono importanti per te ma oggi verrà a prenderli la zia e possiamo restare entrambi qui.”
· linguaggio non appropriato: “Ma tu adesso non hai più figli che devi andare a prendere all’asilo!”
→ Se, ad esempio, una persona affetta da demenza diventa irrequieta e vuole tornare “a casa”…
· linguaggio appropriato: “Raccontami della casa della tua infanzia!”
· linguaggio non appropriato: “Ma non dire sciocchezze, sei a casa!”
Rimisurare l’umanità
“La demenza ci impone di misurare cosa significa essere umani secondo standard completamente nuovi e di vivere solo la situazione e l’interazione attuale: ciò che era non c’è più – e con esso tutto ciò che normalmente funge da ‘sistema di coordinate’ nel relazionarci con gli altri. Ciò che accadrà non può essere anticipato. È difficile, è triste, spesso ti scoraggia”, afferma la Dott.ssa Barbara Plagg. “Ma consente anche nuove prospettive sull’essere umano, libere da categorie come classificazioni professionali e livelli di relazione. La demenza ti costringe a ricorrere a tendenze emotive più profonde, in cui la sensazione immediata del momento conta più della domanda su chi sia questa persona nella somma dei suoi punti chiave biografici”, spiega la ricercatrice Dr. Plagg, che racconta di un incontro con una donna affetta da demenza presso la Clinica universitaria di Monaco di Baviera: “Questa paziente era felicemente sposata da 40 anni. Suo marito veniva a trovarla regolarmente. Un giorno, dopo che lui la salutò affettuosamente, la donna mi chiese: ‘Vorrei sapere come si chiama questo signore perché mi piace moltissimo’. Questo è stato triste, ma anche confortante. Mettendo da parte la malattia e il peso del ‘passato perduto’ in testa, ciò che rimaneva erano il puro sentimento di affetto situazionale e l’amore”, dice la Dott.ssa Barbara Plagg.
Importante da sapere: I singoli articoli del blog dell’Istituto di Medicina Generale e Public Health di Bolzano non vengono aggiornati. Il contenuto si basa su ricerche e prove scientifiche disponibili al momento della pubblicazione. Le informazioni sanitarie online non possono sostituire un consulto medico personale. Le consigliamo di consultare il Suo Medico di Medicina Generale per eventuali problemi di salute. Ulteriori informazioni…