Dopo la buona notizia dello sviluppo di vaccini efficaci contro Covid-19, si susseguono le segnalazioni di nuovi trattamenti farmacologici per l’infezione da SARS-CoV-2. Dottoremaeveroche.it informa:
Però, forti dell’esperienza dei mesi scorsi, durante i quali più volte le aspettative sono rimaste deluse, conviene guardare con equilibrio alle novità della ricerca, attendendo l’esito del processo di valutazione delle agenzie regolatorie.
Un articolo di Rebecca De Fiore I 15 Novembre 2021
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Attualmente, il comitato per i medicinali umani (CHMP) dell’EMA, l’Agenzia Europea per i Medicinali (European Medicines Agency – EMA) ha avviato il percorso di revisione di un nuovo medicinale, il molnupiravir [1].
Dottore, che cos’è il molnupiravir?
Il molnupiravir è un farmaco antivirale ad ampio spettro, già utilizzato nel corso dell’epidemia di Ebola in Liberia nel 2016-2017 [2]. Noto anche come MK 4482 o Lagevrio, è stato sviluppato da Merck Sharp & Dohme in collaborazione con Ridgeback Biotherapeutics per il trattamento di Covid-19 negli adulti. In termini tecnici questa attività di revisione dell’EMA è definita una “rolling review”.
Rolling review: di cosa si tratta?
Una “rolling review” è uno strumento normativo che l’EMA utilizza per accelerare la valutazione di un farmaco o vaccino promettente durante un’emergenza sanitaria. Normalmente tutti i dati sull’efficacia, la sicurezza e la qualità di un medicinale o di un vaccino e tutti i documenti richiesti devono essere pronti all’inizio della valutazione in una domanda formale di autorizzazione all’immissione in commercio. Nel caso di una “rolling review”, il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA esamina i dati non appena diventano disponibili dagli studi in corso. Una volta che sono disponibili dati sufficienti, l’azienda può presentare una domanda formale. Riesaminando i dati non appena disponibili, il CHMP può esprimere più tempestivamente un parere sull’autorizzazione del medicinale.
La decisione del CHMP di avviare il percorso di valutazione si basa sui risultati preliminari di studi di laboratorio (dati non clinici) e clinici. Questi studi suggeriscono che il medicinale potrebbe ridurre la capacità di SARS-CoV-2, il virus che causa Covid-19, di moltiplicarsi nel corpo, prevenendo così il ricovero o la morte nei pazienti contagiati.
L’EMA valuterà dati sulla qualità, la sicurezza e l’efficacia del medicinale. La revisione proseguirà fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per consentire all’azienda di presentare una domanda formale di autorizzazione all’immissione in commercio. Però, non è stato reso noto dall’EMA quali tempi saranno necessari per acquisire prove sufficienti.
Dottore, possiamo essere ottimisti?
Guardando alla ricerca e considerati i risultati ottenuti fino a oggi in termini di controllo della pandemia, possiamo esserlo. Però, dobbiamo essere cauti. Come leggiamo sulla rivista Nature, “non è ancora chiaro se questa storia di successo della ricerca clinica si tradurrà in un punto di svolta globale nella lotta contro la pandemia. Anche se i Paesi a basso reddito potessero permettersi il farmaco, potrebbero non avere la capacità diagnostica per trattare i pazienti con molnupiravir all’inizio della malattia, quando il trattamento potrebbe fare la differenza” [2]. Inoltre, aggiunge l’autrice dell’articolo, “questa settimana, due produttori indiani di farmaci che hanno valutato in modo indipendente il molnupiravir generico in persone con Covid-19 moderata hanno deciso di interrompere i loro studi perché non hanno riscontrato ‘efficacia significativa’ per il farmaco in studio, sebbene abbiano intenzione di continuare le ricerche valutandone l’utilità in persone con malattia lieve”. Va detto che gli studi dell’azienda Merck (in Italia MSD) sono stati divulgati in comunicati stampa e devono ancora essere passati al vaglio dei revisori delle riviste internazionali indicizzate.
Inoltre, “il potenziale mutageno del composto nelle cellule umane – la possibilità che possa incorporarsi nel DNA – solleva problemi di sicurezza”, affermano alcuni ricercatori. Merck non ha ancora rilasciato dati dettagliati sulla sicurezza, ma “siamo molto tranquilli che il farmaco sarà sicuro se usato come previsto” ha affermato l’azienda [3].
L’azienda produttrice Merck ha concesso una licenza che non prevede il pagamento di diritti per il molnupiravir: questo consentirebbe di produrre e vendere il farmaco a basso costo nelle nazioni più povere. L’accordo è tra Merck e Medicines Patent Pool (MPP), un’organizzazione che lavora per rendere le cure mediche e le tecnologie accessibili a livello globale: consentirà ad aziende di 105 Paesi, principalmente in Africa e Asia, di poter produrre la pillola antivirale senza dover riconoscere denaro alla stessa Merck. Per l’organizzazione Medici Senza Frontiere non è ancora abbastanza, dal momento che nelle sole nazioni a medio e basso reddito escluse dall’accordo con MPP si sono verificate 30 milioni di infezioni da Covid-19 nella prima metà del 2021, la metà di tutte le infezioni nei Paesi poveri [4].
Oltre a molnupiravir, ci sono altre novità nei farmaci per Covid-19?
L’11 ottobre 2021 l’azienda farmaceutica AstraZeneca ha pubblicato un comunicato stampa in cui presentava risultati positivi di uno studio di fase 3 sul trattamento di Covid-19. Lo studio, denominato Tackle, sembra aver dimostrato che il farmaco ancora provvisoriamente chiamato AZD7442 (una combinazione di anticorpi a lunga azione – LAAB) ha permesso di ridurre in modo statisticamente significativo la progressione della malattia in Covid-19 grave o la morte del paziente rispetto al placebo. Lo studio è stato condotto su una popolazione di pazienti non ospedalizzati con Covid lieve o moderato. Il 90% dei partecipanti era ad alto rischio di progressione verso Covid-19 grave, anche perché sofferente di altre patologie [5].
Lo studio ha raggiunto la misura di esito principale (endpoint primario, in termini tecnici) utilizzando una dose di 600 mg di AZD7442 somministrata tramite un’iniezione intramuscolare. Al termine dello studio sono stati registrati 18 eventi tra i pazienti che hanno ricevuto AZD7442 (18/407) e 37 nel cosiddetto braccio placebo (37/415). Il farmaco è stato generalmente ben tollerato.
Il farmaco è stato messo a confronto con il placebo, e questo merita una riflessione. Come sa chi segue Dottore ma è vero che, il placebo è una sostanza inerte, somministrata in maniera che né il medico, né il paziente si accorgano della differenza rispetto al farmaco oggetto di studio. Però, sappiamo pure che anche nelle fasi iniziali di Covid-19 il medico curante può favorire il controllo della sintomatologia della malattia e contrastarne la progressione ricorrendo a terapie attive [6].
Come hanno sottolineato alcuni ricercatori italiani in un articolo recente, quando leggiamo degli studi su terapie farmacologiche per Covid-19 dobbiamo tener conto della possibilità che i risultati positivi per i farmaci studiati possano essere stati favoriti dal confronto con terapie poco efficaci [7].
Dottore, ci sono altri farmaci che negli ultimi tempi sono stati provati per la cura di Covid-19?
Certamente: la ricerca clinica continua e produce risultati, e anche i risultati negativi possono aiutare a mettere meglio a fuoco la strategia di cura del malato. È il caso per esempio della colchicina, che è stata proposta come trattamento per Covid-19 sulla base delle sue azioni antinfiammatorie. Un nuovo studio randomizzato, controllato, in aperto, presso 177 ospedali nel Regno Unito, due ospedali in Indonesia e due ospedali in Nepal, ha messo a confronto diversi possibili trattamenti con lo standard-of-care nei pazienti ricoverati con Covid-19 [8]. I pazienti erano eleggibili per l’inclusione nello studio se erano stati ricoverati in ospedale con infezione da SARS-CoV-2 clinicamente sospetta o confermata in laboratorio e non avevano una storia clinica che, secondo il medico curante, potesse mettere il paziente a rischio significativo qualora fossero stati coinvolti nello studio. Gli adulti idonei e consenzienti sono stati assegnati in modo casuale (randomizzata) a ricevere solo lo standard-of-care o lo standard-of-care più colchicina.
Dopo la randomizzazione i partecipanti hanno ricevuto 1 mg di colchicina, seguita da 500 μg 12 ore dopo e poi 500 μg due volte al giorno per bocca o tramite sondino nasogastrico per 10 giorni in totale, o fino alla dimissione. La frequenza della dose è stata dimezzata per alcuni pazienti in condizioni speciali. L’esito primario era la mortalità a 28 giorni, quelli secondari includevano il tempo alla dimissione, la percentuale di pazienti dimessi dall’ospedale entro 28 giorni e, nei pazienti non sottoposti a ventilazione meccanica invasiva alla randomizzazione, un esito (endpoint) composito di ventilazione meccanica invasiva o morte.
Tra il 27 novembre 2020 e il 4 marzo 2021, 11.340 (58%) dei 19.423 pazienti arruolati nello studio RECOVERY erano idonei a ricevere la colchicina; 5.610 (49%) pazienti sono stati assegnati in modo casuale al gruppo colchicina e 5.730 (51%) al gruppo di cure abituali. Complessivamente, 1.173 (21%) pazienti nel gruppo della colchicina e 1.190 (21%) pazienti nel gruppo delle cure abituali sono deceduti entro 28 giorni. Il tempo mediano per la dimissione in vita (10 giorni) è stato lo stesso in entrambi i gruppi e non vi è stata alcuna differenza significativa nella percentuale di pazienti dimessi dall’ospedale entro 28 giorni.
L’interesse dello studio non risiede solo nell’aver dimostrato che negli adulti ospedalizzati con Covid-19 la prescrizione di colchicina non è associata a riduzioni della mortalità a 28 giorni, della durata della degenza ospedaliera o del rischio di passare alla ventilazione meccanica invasiva o alla morte. È anche un’altra tappa importante dell’ampio progetto RECOVERY, che sta confermando quanto possa essere utile una piattaforma istituzionale per la ricerca clinica che possa rapidamente rendersi disponibile a pubblico e privato per la conduzione di studi clinici rigorosamente disegnati.
Molnupiravir, anticorpi monoclonali, colchicina: altre novità?
Un altro antivirale, un inibitore della proteasi della Pfizer, è in corso di valutazione in studi clinici, che dovrebbero essere completati alla fine del 2021 o all’inizio del 2022. Ci sono anche altri farmaci in fasi di studio più precoci. Ma intorno ai mesi di giugno o luglio 2022 potremmo avere tre o quattro antivirali orali in corso di valutazione presso le autorità regolatorie, o per i quali saranno almeno disponibili dati pubblicati [2].
Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
Bibliografia
- European Medicines Agency. “Covid-19: EMA starts rolling review of molnupiravir”. 25 ottobre 2021. Ultimo accesso 25 ottobre 2021
- “Molnupiravir: the game-changing antiviral pill for covid-19? ”. Johns Hopkins University 2021; 18 ottobre. Ultimo accesso 25 ottobre 2021
- Willyhard C. “How antiviral pill molnupiravir shot ahead in the Covid drug hunt”. Nature News 2021; 9 ottobre. Ultimo accesso 25 ottobre 2021
- Medici senza Frontiere. “MSF responds to news of Merck”. 11 ottobre 2021. Ultimo accesso 1 novembre 2021
- AstraZeneca. “Trial met primary endpoint”. Comunicato stampa 11 ottobre 2021. Ultimo accesso 25 ottobre 2021
- Agenzia Italiana del Farmaco. “Raccomandazioni AIFA sui farmaci per la gestione domiciliare di COVID-19”. Aggiornamento del 4 ottobre 2021. Ultimo accesso 25 ottobre 2021
- Addis A, Amato L, Cruciani F, et al. “The Standard of Care definitions on COVID-19 pharmacological clinical trials: A systematic review”. Frontiers in Pharmacology.2021;2712
- Group RC. “Colchicine in patients admitted to hospital with COVID-19 (RECOVERY): a randomised, controlled, open-label, platform trial”. Lancet Respiratory Medicine 2021; 18 ottobre
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